La Croce: le sue Origini ed il suo Significato:Questo documento tratta le origini della croce nella storia ed esamina significato della croce nell’adorazione pre-Cristiana dell’uomo.

Viene esaminato anche il rapporto tra la croce ed il secondo comandamento.Berry (nella Encyclopedia Heraldica) cita 385 diverse croci. Molte di esse sono semplicemente decorative e d’importanza araldica (ERE, art. Croci, Vol. 4, pp. 324 e seguenti). Ci sono anche nove tipi di croci che hanno un simbolismo religioso.

La croce è stata associata con la Cristianità. Non era, tuttavia, un antico simbolo Cristiano, infatti le Chiese che osservavano il Sabbath sono state tradizionalmente iconoclaste ed hanno generalmente detestato l’utilizzo del simbolo della croce in quanto pagano. Alcuni Cristiani che osservavano il Sabbath sono stati martirizzati per la loro opposizione all’utilizzo delle croci nel simbolismo Cristiano. I Vandali furono subordinazionisti iconoclasti che distrussero gli idoli adorati in Grecia e a Roma.

 

I Pauliciani furono iconoclasti così come tutti i Sabbatati associati o discendenti da essi.

 

Ancora oggi, c’è questa proibizione della croce (così come della pratica del battesimo da adulto) nelle Chiese di Dio che osservano il Sabbath. Il simbolo della croce è più antico ed ha alcuni significati mistici.

 

Le Croci non Cristiane

 

La croce ha un significato associato con l’adorazione del sole. Schliemann notò la presenza di croci sulle ceramiche e decorazioni di Troad (la regione di Troia) (ERE, ibid., p. 325). E’ alternata a dei raggi disposti a cerchio nel tempo in cui i due emblemi apparivano in giustapposizione (ibid.)

 

Gli Indiani utilizzarono la croce equilatera alternata al disco di raggi.

 

Le croci si trovavano ai bivi delle strade e quindi divennero un oggetto di venerazione.

 

Durante l’età del bronzo, specialmente tra i Galli, la croca appare in modo frequente sulle ceramiche, sui gioielli e sulle monete.

 

La croce è ritrovata in Messico, Perù e soprattutto nell’America Centrale. In questi luoghi alludono ai quattro venti.

 

Il simbolismo antico della croce era espresso nell’ideogramma Cinese della parola per terra, che è una croce equilatera all’interno di un quadrato.

 

La croce chiusa nel sole sembrava rappresentare i quattro fiumi del paradiso. La Bibbia si riferisce a questo come al fiume, che partì dall’Eden e si divise in 4 parti.

 

Quindi il concetto incorporato nella storia di Genesi (Gn. 2:10), sebbene abbia una precisa geografia attribuita ai quattro fiumi, rappresenta anche un tema basilare dei fiumi dell’acqua vivente che partono da una fonte centrale che era Dio, attraverso la Sua stella mattutina che era Satana.

 

Quindi, nel simbolismo della croce come rappresentazione dell’adorazione del sole, stiamo trattando con una seria forma di idolatria.

 

Non c’è dubbio che l’utilizzo della croce, associata con i simboli della resurrezione e della nuova vita, sono completamente mescolati con la teologia degli antichi.

 

La svastica appare moltissimo nel Buddismo, in Cina ed in Giappone, soprattutto sui piedistalli delle statue di Budda e Bodhisattva del buddismo Mahayana.

 

La Croce nella Cristianità

 

Il Segno della Croce

 

 

Tertulliano affermò che ad ogni passo il Cristiani facevano il segno della croce sulla fronte. L’utilizzo a cui fa riferimento Tertulliano disegnò l’accusa d’idolatria.

 

Gli scrittori Romano Cattolici ammettono che la croce è diventato un vero oggetto di culto.

 

Didron afferma:

 

La croce ha ricevuto un’adorazione simile se non eguale a quella di Cristo; Questo legno sacro è adorato quasi allo stesso modo di Dio stesso (ibid.).

 

L’argomento è difficile da opporre al fatto che la croce fu introdotta nel sistema Cristiano dai culti del Mistero, insieme alle altre forme di adorazione che gradualmente entrarono nel Cristianesimo e che non facevano parte della chiesa antica. Queste forme come l’adorazione della Domenica e le feste della Pasqua e del Natale, vengono dai culti del Sole.

 

Il fatto della questione è che la croce non deriva dalla Cristianità, essendo utilizzata agli incroci, piuttosto la croce fallica era ordinata per conformarsi alle usanze Cristiane e lasciare le figure della dea madre Ecate etc. che fu rinominata Madonna.

 

La distinzione fatta tra il palo e la forca da una parte e la croce dall’altra, era di assegnare al Cristianesimo il simbolo che era così importante nel simbolismo pagano. Il fatto è che la crocifissione, un’antica forma di punizione, avveniva su un albero, che non aveva una forma ben distinta ed il semplice palo fu chiamato croce o crux.

 

Zaccaria 12:10 indica che la causa finale della morte era la tradizione. E’ impossibile dire con certezza se sia stata utilizzata la croce per crocifiggere Cristo o un semplice palo o se ci fosse stato un palo ortogonale, poiché il termine potrebbe indicare entrambi.

 

Ne potrebbe avere importanza se il simbolismo non fosse stato trasferito al culto e legittimizzato.

 

Il secondo Concilio di Nicea (787), convocato per riformare gli abusi e terminare le dispute dell’iconoclastia,

 

definì che la venerazione del fedele era dovuta “alla croce preziosa e vivificatrice” così come alle immagini o rappresentazioni di Cristo, della vergine Benedetta, e dei santi (Encicl. Catt.).

 

Il Concilio sostenne che il culto di Latria appartiene soltanto alla natura divina. Quindi, agli oggetti fu accordata una forma di adorazione differente da quella della natura divina. Ma affermando che l’adorazione delle immagini dei mortali è accettabile è contrario agli espliciti insegnamenti della Bibbia.

 

Quindi il simbolismo era tornato al punto di partenza e le immagini dei misteri avevano preso il controllo della Cristianità ed erano diventati il centro di adorazione.

 

Da quanto detto, l’utilizzo della croce è filosoficamente inaccettabile nella Cristianità – Non soltanto su queste basi, ma anche perché i concetti menzionati, che sono logicamente predicati a Dio e sono la diretta prerogativa di Dio, in questo simbolismo sono attribuiti a Cristo come lo erano agli dei dei Misteri. La resurrezione avviene come un atto della autorità di Dio. Soltanto Dio è immortale (1Tm. 6:16). Cristo esercitò un’autorità obbediente, concedendo la sua vita e conducendola secondo quella autorità. (Gv. 10:18). Cristo, colui che santifica e coloro che sono santificati hanno un’unica origine (KJV) (enos pantes) (Eb. 2:11 RSV). L’uso del termine enos pantes significa che sono un’unica cosa, completamente, in tutto il rispetto, in ogni via (Thayers). Il NIV cerca di minimizzare questo aspetto traducendolo con della stessa famiglia.

 

Soltanto Dio deve essere oggetto di adorazione e preghiera (Lc. 4:8; Gv. 4:23; Ap. 19:10; 22:9). La croce è diventata un simbolo di per se, allo stesso modo in cui l’immagine istituita da Mosè (Nm. 21:8-9) divenne un immagine di per se e quindi idolatra.

 

Il simbolismo che circonda la croce, le opere e le forme d’arte, sono di per se caricate di concetti, che sono stati trasportati nell’adorazione Cristiana. I concetti derivano dalle più antiche forme di adorazione, che sono state trasportate o diffuse attraverso le nazioni e le tribù. L’identificazione delle origini ed i rapporti interconnessi sono trattati nella sezione sopra. La croce come immagine non è un oggetto innocuo o di decorazione.

 

L’attribuire la croce e Cristo ad un immagine oggetto di preghiera è una violazione del secondo comandamento.

 

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Numerose indicazioni – storiche, scritturali e linguistiche – fanno comprendere che Gesù morì proprio su una croce. I termini greci stauròs e xylon si possono riferire a tutte le varie forme che gli strumenti di tortura di materiale ligneo (xylon = legno) hanno assunto nel corso dei secoli. Stauròs e xylon significavano quindi anche «croce». Le testimonianze storiche indicano che i Romani costringevano i condannati a portare il braccio trasversale della croce (patibulum) fino al luogo dell’esecuzione, dove venivano inchiodati (o legati) e issati allo stipes, il palo verticale che si piantava per terra, venendo così a formare la croce a due braccia. Tertulliano (II sec. d.C.), nel suo Apologetico (XVI, 7), scrive: «È parte di una croce ogni legno che sia posto in direzione verticale» (il corsivo è mio). Il «palo» era quindi solo una parte della croce, a cui andava aggiunto il braccio trasversale. I romani rispettavano minuziosamente un rituale predeterminato nell’eseguire le crocifissioni “ufficiali”, come quella di Gesù (vi sono numerose testimonianze nelle fonti antiche). Si iniziava con la flagellazione, a cui seguiva il corteo verso il luogo dell’esecuzione, durante il quale il condannato doveva portare il suo stesso patibolo (il braccio trasversale della croce); vi era quindi il titulus, il cartello con la causa poenae che veniva posto sopra il capo del condannato. In Matteo 27:37 è scritto: «Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: “Questi è Gesù, il re dei Giudei”». Se Cristo fosse stato appeso ad un palo, si sarebbe detto “al di sopra delle sue mani”. A parte casi speciali quindi, in occasione delle sentenze “regolari”, come quella di Gesù, il patibolo aveva le seguenti forme ufficiali:

 

1.

 

crux immissa o capitata, a quattro braccia, quindi con il sostegno verticale che sporgeva oltre quello orizzontale;

2.

 

crux commissa, a forma di T;

3.

 

crux decussata, la cosiddetta croce “di sant’Andrea”.

 

Nel caso di Gesù, per poter affiggere il titulus, doveva trattarsi di una crux immissa.

 

Le versioni latine del Nuovo Testamento traducono sempre stauròs con crux. In latino esistevano termini distintivi per indicare palo e croce. Palo in latino si scrive palus, adminiculum (quando è usato per sostegno), vallus (quando è impiegato per una staccionata). Quando si voleva descrivere uno strumento di tortura si diceva: ad palum alligare; figere in palum. Non si usava il termine crux, che era invece impiegato proprio per la croce a due braccia. Le prime traduzioni latine della Bibbia risalgono al 180 d.C. e tutte rendono stauròs con crux, e non con palus. In quel tempo il greco era ancora una lingua internazionale e le crocifissioni ancora in uso. Se la più comune forma dello stauròs fosse stato il palo, gli scrittori latini avrebbero quindi scritto palus.

 

Riguardo alla forma dello strumento impiegato dai romani, il Grande Lessico del Nuovo testamento di Kittel-Friedrich, (vol. XII) precisa che, quando non si trattava di una croce ma del semplice palo, si preferiva distinguere, e al posto di stauròs si usava il termine skolops che significa “palo appuntito all’estremità superiore”.

 

L’intero argomento non merita questa considerazione: solo i TdG attribuiscono grande rilievo ed importanza alla questione per ‘dimostrare’ che la cristianità si sarebbe contaminata con il paganesimo, adottando il simbolo della croce. In realtà, le prove scritturali, linguistiche, storiche ed archeologiche smentiscono queste assurde pretese. Dal 1879 al 1931, la rivista La Torre di Guardia riportava in copertina il simbolo «pagano» della croce. Anni dopo essere stati liberati da «Babilonia la Grande» (la “falsa religione”, secondo i TdG), liberazione avvenuta, secondo le teorie geoviste nel 1919, i TdG accettavano ancora la croce come strumento della morte di Cristo! Fu Rutherford, secondo presidente della Watch Tower, ad avere l’idea che essa fosse pagana e babilonica e ad inventarsi la storia del palo di tortura.

 

Sulla copertina della rivista Torre di Guardia, dal 1891 al 1931, compariva la croce.

I TdG erano soliti portare anche una spilla raffigurante questo simbolo, ora ritenuto pagano. (Cliccando su questa foto si può visualizzare una pagina in cui si parla dell’origine di tali simboli)

 

La tradizione cristiana primitiva attesta che Gesù

morì su uno strumento a forma di croce

 

«È per opera del Verbo di Dio che tutte le cose quaggiù sono state disposte e strutturate – per questo la crocifissione del Figlio di Dio si è compiuta anche lungo tutt’e quattro queste dimensioni, quando egli ha tracciato sull’universo il segno della sua croce. Infatti, col suo farsi visibile, ha dovuto rendere visibile la partecipazione di questo nostro universo alla sua crocifissione, per mostrare, con la sua forma visibile, l’azione che egli esercita sull’universo visibile: che egli cioè illumina l’altezza, cioè tutto quanto è nel cielo, che contiene la profondità, cioè quanto esiste nelle viscere della terra, che estende la sua lunghezza da oriente a occidente, che governa come nocchiero la regione di Arturo e la larghezza del Mezzogiorno, chiamando d’ogni parte coloro che sono dispersi, alla conoscenza del Padre». Ireneo di Lione (140 ca. – 202 ca.), Dimostrazione della predicazione apostolica, 31-34.

 

«Infatti, poiché lo perdemmo per mezzo del legno, per mezzo del legno è divenuto visibile a tutti, mostrando in se stesso l’altezza, la lunghezza, la larghezza e la profondità e, come disse uno degli anziani, riunendo i due popoli in uno per mezzo dell’estensione delle braccia». Ireneo di Lione, Adversus Haereses, V, 17,4.

 

«Fuggite questi dannosi polloni che generano frutti di morte [parla dei doceti], e se uno ne gusterà morirà all’istante. Essi infatti non sono piantagione del Padre. Se infatti lo fossero, apparirebbero come i rami della croce, e il loro frutto sarebbe incorruttibile. Per mezzo della croce, nella sua passione, Cristo vi chiama, essendo voi sue membra». Ignazio di Antiochia (morto nel 110 d.C.), Ai Tralliani, XI,1-2.

 

«Non veneriamo le croci né le desideriamo. Voi piuttosto, che venerate idoli di legno, adorate forse le croci di legno, perché parti dei vostri dèi. Che altro sono le insegne, gli stendardi e i vessilli militari, se non croci dorate e ornate? I vostri trofei di vittoria imitano l’aspetto non solo della croce nuda, ma anche dell’uomo su di essa affisso. Il segno della croce ci si presenta, spontaneamente, nella nave, quando viaggia a gonfie vele e quando procede a remi alzati; quando si innalza il giogo, è un segno di croce, e così pure se l’uomo prega Dio spiritualmente con le mani elevate. Perciò il segno di croce, o si basa su dati naturali, o viene espresso dai vostri usi». Minucio Felice (II sec. d.C.), Ottavio, 29,2-3.6-8.

 

«Ponete mente difatti a tutte le cose che sono al mondo e vedete se, senza questa figura, si possano costruire e combinarsi. Il mare, ad esempio, non si fende se questo trofeo, sotto il nome di vela, non stia intero sulla nave; la terra non si ara senza di esso; gli zappatori e i meccanici non compiono il lavoro se non mediante arnesi fatti a questa foggia. La forma umana poi per nessun’altra caratteristica si distingue da quella degli animali irragionevoli, che per essere eretta e possedere l’estensibilità delle mani e presentare sul volto il naso, per il quale si compie la respirazione vitale, così disposto sotto la fronte da formare appunto una croce. Per bocca del Profeta fu detto: Il respiro della nostra faccia è Cristo Signore (Lam 4,20). E ad attestare la potenza di queste figure stanno i vostri stessi emblemi, cioè i vessilli e i trofei, con i quali voi sempre marciate, ostentando, anche se ciò facciate senza porvi mente, in essi appunto il segno del dominio e del potere. E i simulacri, che innalzate, dei vostri Imperatori morti, con iscrizioni che li deificano, non hanno anch’essi questa foggia? E ora che abbiamo cercato, per quanto era in noi, di convincervi, sia con ragionamenti, sia mostrandovi il valore di questo segno, ci sentiamo esonerati d’ogni responsabilità, se voi restate increduli». Giustino, Prima apologia, 55 (II sec. d. C.).

 

«Il fatto poi che fosse ordinato che quell’agnello dovesse essere completamente arrostito [si riferisce all’agnello pasquale ebraico, n.d.r.] era simbolo della passione di croce che Cristo doveva patire. Infatti l’agnello che viene arrostito si cuoce in una posizione simile alla forma della croce, poiché uno spiedo diritto viene conficcato dalle parti inferiori alla testa, e uno messo di traverso sul dorso e vi si attaccano le zampe dell’agnello». Giustino, Dialogo con Trifone, 40,3, II sec. d.C.

 

«È parte di una croce ogni legno che sia posto in direzione verticale» (Tertulliano, Apologetico XVI, 7XVI, 7). «Se fai opposizione sulla forma, quanta poca differenza c’è tra lo stipite della croce e Pallade Attica o Cerere Faria, le quali sono solo un palo rozzo e non lavorato, e che rappresentano un idolo di legno informe? È parte della croce, e anche la più grande, qualsiasi legno fissato in posizione verticale. Ma a noi rimproverate di adorare la croce intiera, s’intende con la sua traversa, e il suo sedile sporgente. Per questo voi siete assi più biasimevoli, poiché adorate un legno mutilo e incompleto, che altri invece adorano completo e assemblato!” (Tertulliano, Ad gentes I, XII, 3-5, ca. 160 d.C.).

 

«Anche Mosè ebbe la rivelazione della crocifissione quando il popolo di Israele, attaccato dai nemici, stava per subire una sconfitta, permessa da Dio perché imparasse che i suoi peccati lo travolgevano nella rovina. Lo spirito allora ispirò al cuore di Mosè di rappresentare una figura della croce e di colui che vi avrebbe sofferto sopra (significando anche che, se non si confida in lui, si verrà travolti da un’eterna sconfitta). Mosè dunque ammucchiò armi su armi in mezzo alla battaglia: si pose così al di sopra di tutti, e stese le braccia. Subito Israele cominciò a vincere. Ma ogni volta che le abbassava, subito venivano sopraffatti. Perché tutto questo? Perché comprendessero che non avrebbero potuto salvarsi senza confidare nel crocifisso» (cfr. Es 17:8-16). Lettera di Barnaba, 10-12, ca. 100 d.C. (La Società Torre di Guardia parla della Lettera di Barnaba nella sua rivista Svegliatevi! dell’8/5/1977, pp.27-8, e ne cita alcune affermazioni sulla croce, tratte da una particolare interpretazione di alcuni passi biblici. La Società però non cita questo chiarissimo ed inequivocabile passo della Lettera in cui si dice lo stauròs aveva la forma della tradizionale croce).

 

Anche altri scrittori antichi usarono stauròs nel senso di croce

 

Luciano di Samosata (nato nel 120 d.C.) era un noto oratore/avvocato e autore di scritti satirici. In uno di questi, intitolato il Giudizio delle Vocali, nel capitolo 12, mette in ridicolo l’eccesso di studio stilistico tipico dell’epoca: si tratta di un processo della lettera Sigma contro il Tau (lettere dell’alfabeto greco ovviamente), accusato di “appropriazione indebita” di parole nel dialetto attico. I giudici nel processo erano le sette vocali dell’alfabeto greco: l’accusa rivolta al Tau era quella di essere stato prepotente nei riguardi del povero sigma, del quale aveva tentato di usurpare il posto in varie parole (talatta per talassa, Prattein per Prassein e altre). Quale sarà, si domanda Luciano, la giusta punizione del colpevole Tau? Quella egli pensa, indicata dalla forma stessa della lettera, cioè il supplizio della croce, che specifica con la parola “stauròs”. Da ciò si può dedurre che “stauròs” indicava (anche) un attrezzo molto simile al Tau ma soprattutto che nel 165 d.C. era di comune accezione indicare la croce con il termine “stauròs”.

 

Nella sua tragedia Prometeo o Il Causaso, Luciano di Samosata mette in scena un dialogo tra Mercurio e Vulcano, i quali, parlando della punizione che spetta al Titano Prometeo, dicono che egli sarà crocifisso alle rocce del Caucaso:

 

«Mercurio. Ecco, o Vulcano, il Caucaso, dove dobbiamo inchiodare questo sventurato Titano. Andiamo guardando se v’è qualche rupe acconcia, qualche balza nuda di neve, per fermarvi salde le catene, e sospenderlo alla vista di tutti.

Vulcano. Andiam guardando, o Mercurio: non conviene crocifiggerlo in luogo basso e vicino alla terra, ché gli uomini da lui formati verrebbero ad aiutarlo: né troppo in cima, ché non sarìa veduto da quei di giù. Se ti pare, qui è una giusta altezza, su questo precipizio potrà esser crocifisso: stenderà una mano a questa rupe, ed un’altra a questa dirimpetto.

Mercurio. Ben dici: queste rocce son brulle, inaccessibili da ogni parte, ed alquanto pendenti; e nella rupe c’è appena questo poco di sporto, dove poggiare le punte de’ piedi: per croce non troveremmo di meglio. Non indugiamo, o Prometeo: monta, ed accónciati ad essere affisso al monte».

 

Non ci possono essere dubbi che per crocifissione si intende in questo scritto che la vittima (Prometeo) sarebbe stata fissata alla rupe con le braccia distese in senso orizzontale.

NOTA: Nel testo originale, al posto di croce troviamo “stauros”, al posto di crocifiggere “anastauroo”

 

Stauròs negli antichi manoscritti

 

«Particolarmente importanti sono i papiri Bodmer II (P66) e Bodmer XIV-XV (P75), entrambi scritti verso il 200 E.V. Il Bodmer II contiene buona parte del Vangelo di Giovanni, mentre il Bodmer XIV-XV contiene buona parte di Luca e di Giovanni e testualmente è molto vicino al manoscritto Vaticano 1209» (Libro Perspicacia, vol. 2, p. 204).

 

In questi papiri la parola «stauròs» è resa in modo tale che la “T” e la “R” sono unite, assumendo la forma di una croce, con la “R” che fa pensare addirittura al capo reclinato di un condannato:

 

L’ immagine è composta da:

C = antico sigma = S;

T = tau = T

P = ro = R

O = omicron

N = ni = N

 

 

Le vocali a (alfa) e y (ipsilon) dopo il sigma e il tau che darebbero stayron sono omesse. Tau e ro sono fusi in unica immagine – la linea sovrastante le parole, usata in greco e latino, indica di regola che esse sono state contratte (cf il dnus per Dominus, lo IC per Iesous). Il risultato è stron = da leggersi stauròn (accusativo di stauròs).

(Questo studio è da Fonte Internet)
La Croce: le sue Origini ed il suo Significato:Questo documento tratta le origini della croce nella storia ed esamina significato della croce nell’adorazione pre-Cristiana dell’uomo.ultima modifica: 2011-09-07T18:22:00+02:00da losermanu
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