Il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie,

Il celibato ecclesiastico

Molti vedono nel celibato imposto dalla chiesa cattolica romana a vescovi e preti la causa delle perversità commesse nel corso dei secoli, ad esempio in certi conventi, o verso i minori. La stampa ha portato alla ribalta diversi scandali accertati ai nostri giorni, e la gente si interroga sulle conseguenze della regola del celibato.

Ma chi ha imposto questa regola? Non Dio, infatti la Bibbia dice:

“Il VESCOVO sia irreprensibile, marito di una sola moglie” (1 Timoteo 3:2).

“Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti” (Ebrei 13:4).

Non solo, la stessa Parola di Dio afferma che solo i predicatori di false dottrine vieteranno il matrimonio:

“Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza. Essi vieteranno il matrimonio e ordineranno di astenersi da cibi che Dio ha creati…” (1 Timoteo 4:1-3).

È vero che l’apostolo Paolo consigliò a chi vuole dedicarsi pienamente a Cristo di restare celibe, ma non impose affatto il celibato come condizione obbligatoria (1 Corinzi 7:9), come invece ha fatto la chiesa cattolica arbitrariamente. Anzi, egli consigliò:

“per evitare le fornicazioni, ogni uomo abbia la propria moglie” (1 Corinzi 7:2, cfr. Matt. 19:11).

Lo stesso apostolo Pietro, su cui la chiesa cattolica asserisce di fondarsi, era sposato (in Matteo 8:14 ad esempio leggiamo della guarigione di sua suocera), e come lui erano sposati gli altri apostoli (1 Corinzi 9:5), a eccezione di Paolo e Barnaba. Eppure gli apostoli erano degli uomini santi perché si santificavano nel timore di Dio e non davano motivo di scandalo in alcuna cosa. Essere sposati ed avere relazioni con la propria moglie non significa affatto non essere in condizione di poter servire Dio!

Inoltre, l’apostolo Paolo scrisse a Tito che l’anziano (ossia il vescovo) oltre che marito di una sola moglie, per essere assunto in questo ufficio, deve essere anche giusto, santo, e temperante; ciò significa che il vescovo anche se sposato può certamente avere queste qualità.

Anche i teologi dei primi secoli (che la chiesa cattolica definisce “padri” della chiesa) erano di questo parere. Giovanni Crisostomo (344-407 d.C.) affermò: “S. Paolo ha scritto per turare la bocca agli eretici che condannano il matrimonio, e per mostrare che il matrimonio non solo è cosa innocente, ma eziandio è così onorevole che con esso si può diventare vescovo” (Crisostomo, Hom. II, in Ep. Tit. cap. II).

Tutto ciò dimostra chiaramente che il celibato del clero non è un comandamento di Dio. Esso fu imposto da alcuni sinodi cattolici (Elvira, Orange, Arles, Agde, Toledo) e dal Concilio Lateranense del 1139. Fu una decisione sbagliata perché ovviamente molti preti e suore non riescono a vivere tutta la vita in totale astinenza sessuale, e ciò li porta a cercare altri tipi di rapporti più o meno nascosti ma comunque illeciti e talvolta diffusi in certi ambienti (conventi, seminari).

Dio considera le relazioni tra persone non sposate come peccato estremamente grave (1 Corinzi 6:9-10,18; Atti 15:28-29; Apocalisse 21:8), e condanna quanti causano scandali (Matteo 18:7; Luca 17:2). Quei preti che non riescono a resistere alla regola che il papato impone loro, cadono così in peccati sessuali e hanno una più severa condanna da Dio e scandalizzano molti.

Non stiamo dicendo che tutti i preti e tutti i pastori devono sposarsi, ma che sposarsi o no deve essere una decisione personale e libera, conforme all’insegnamento della Bibbia.

 

Come si è arrivati al celibato clericale?

Tracciamo una breve storia delle principali tappe che hanno condotto all’imposizione del celibato per sacerdoti e appartenenti alla “vita consacrata” (monaci, ecc.), seguendo quanto riferiscono il Dizionario storico del Cristianesimo e Il Cristianesimo dalla A alla Z, delle edizioni Paoline (C. Andresen – G. Denzler, 1992; P. Petrosillo, 1995).

Correnti ascetiche e dualistiche fecero sì che in passato il celibato godesse in genere di maggiore stima rispetto al matrimonio.

Sebbene non ci fosse nessun riferimento diretto ed evidente con il ministero o la vita del prete – piuttosto il contrario (lettere pastorali) – fu presto considerata legge non scritta che un prete celibe, una volta consacrato, non potesse più sposarsi, pena l’abbandono del ministero.

Nel IV sec. si intensificarono i tentativi, anche con definizioni canoniche, di obbligare i chierici legittimamente sposati (dal suddiacono al vescovo) all’astinenza coniugale.

Il concilio di Nicea (325) respinse questa richiesta, mentre alcuni sinodi occidentali si pronunciarono per una simile legislazione. Dal V sec., parecchi sinodi richiesero sia ai candidati celibi che a quelli sposati una promessa di astinenza.
In Occidente la disciplina dell’astinenza per i chierici, nonostante numerose infrazioni e abusi, fu mantenuta e anzi continuamente inasprita. Soprattutto i papi riformatori dell’XI sec. combatterono i religiosi concubinari e le loro concubine.

I concili I e II del Laterano (1123 e 1139) presero delle altre severe misure, dichiarando il ricevimento dei gradi maggiori dell’ordine impedimento dirimente al matrimonio (cioè: prima se un prete si sposava, il matrimonio era valido, ma egli doveva ritirarsi dal ministero; poi il matrimonio di un prete divenne invalido – cioè non era neppure considerato matrimonio – e per di più seguiva la scomunica; gli eventuali figli furono considerati illegittimi).

Durante il Medioevo ma anche dopo il concilio di Trento (XVI sec.) e fino a oggi, rimane immutata la legge del celibato di fronte agli attacchi dei riformatori.
Paolo VI (1963-78) concesse la possibilità di contrarre matrimonio religioso, previa riduzione allo stato laicale.

La possibilità che la legge del celibato potesse essere abolita in parte o del tutto fu annullata dall’enciclica Sacerdotalis caelibatus di Paolo VI (1967). [Paolo VI nella stessa enciclica, al n. 5, dice: “Il Nuovo Testamento, nel quale è conservata la dottrina di Cristo e degli Apostoli, non esige il celibato dei ministri sacri. Gesù stesso non ha posto questa pregiudiziale nella scelta dei Dodici, come del resto gli Apostoli per coloro che venivano preposti alle prime comunità cristiane”].

Giovanni Paolo II si mostrò a questo riguardo fin dall’inizio contrario a qualsiasi cambiamento.

Presso gli Ortodossi, la proibizione del matrimonio riguarda invece solo i vescovi, ma preti e diaconi possono sposarsi solo prima dell’ordinazione; ciò vale anche per la Chiesa Cattolica di rito orientale… «La consuetudine senza la verità è soltanto l’antichità dell’errore» (Cipriano).

Il Dizionario sopracitato ricorda, molto opportunamente, le cosiddette “lettere pastorali”, ossia quelle dell’apostolo Paolo a Timoteo e Tito. Leggiamo alcuni passi da queste lettere del Nuovo Testamento (Parola scritta di Dio) e confrontiamole con quanto visto sopra:

Bisogna che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, prudente, ospitale, atto ad insegnare … che governi bene la propria famiglia e tenga i figli in sottomissione con ogni decoro; poiché se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della casa di Dio?».
Tito 1,6: «Ciascuno di loro [i vescovi] sia irreprensibile, marito di una sola moglie, e abbia figli fedeli… (1 Timoteo 3,2.4)

Ora lo Spirito dice espressamente che negli ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede, dando ascolto a spiriti seduttori e a dottrine di demoni, per l’ipocrisia di uomini bugiardi, marchiati nella propria coscienza, i quali vieteranno il matrimonio e imporranno di astenersi da cibi che Dio ha creato… (1 Timoteo 4,1-3) (Fonte Internet)

 

Il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie,ultima modifica: 2011-04-04T19:28:00+02:00da losermanu
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